ARMANDO FELPATI   - Italia - 


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La sua Biografia

 
  Felpati Armando
Allievo di Mariano Missaglia e di Luigi Rincicotti, ha compiuto i suoi studi presso il Centro Nazionale dei Mestieri Artistici di Venezia.
Espone dal 1972 e da allora ha allestito più di 240 mostre anche con Associazioni e Gruppi Culturali.
Presente in numerose mostre prestigiose ha riscosso molteplici riconoscimenti e premi.
Le esposizioni più significative a Roma, Venezia, Milano, Bologna, Parigi, New York, Senden (Germania) e Hallstahammar (Svezia).
Una sua opera è in visione presso il Museo Internazionale del Vetro d'Arte e delle Terme di Montegrotto Terme (Padova).
Tutta la documentazione critica ed espositiva di Armando Felpati è visibile sul sito linee cosmiche www.felpati.it

La Critica

Armando Felpati è il protagonista di una lunga carriera caratterizzata da una tripla costante di fedeltà: alle proprie tematiche pur nelle infinite variazioni introdotte, alle consorterie artistiche di cui fa parte e ai luoghi. Del primo assunto si dirà; quanto alla pluridecennale milizia esercitata in Associazioni ed in Gallerie, fatto raro in altre contrade italiane, il gusto di esporre insieme ad amici fidati mi pare una caratteristica veneta e allo stesso tempo discendente dal carattere cordiale dell'artista. Resta il fatto che le Associazioni culturali padovane sembrano operare come i sodalizi di fine Ottocento e del primo Novecento allorché era frequente il caso che gruppi di pittori operassero insieme sia sul piano esecutivo che nell'allestimento di mostre. Facile citare al proposito la cosiddetta Scuola di Barbizon o la serie di collettive degli impressionisti francesi e degli espressionisti tedeschi, senza contare analoghi, ma meno stretti, esempi italiani. Se si pone attenzioni ai luoghi in cui Felpati ha esposto emerge Padova e forse più ancòra la sua provincia. Por mente alla lista delle mostre significa ripassare la geografia della grande provincia veneta. In effetti, la carriera di Felpati si è snodata con una serie di appuntamenti fissi anno dopo anno con rare proiezioni oltre il "suo" territorio. Apprezzo l'opera ma non conosco l'artista e quindi eviterò considerazioni azzardate.
Il primo elemento da prendere in considerazione è una massa di lavori imponente impostata su due invenzioni grafiche, le figurine stilizzate e le volute parallele che in vario modo decorano le sue tele diventandone talora l'elemento dominante, l'autentico soggetto. Si potrebbero trovare altre analogie, ma Felpati, alla propria maniera, si è limitato ad operare allo stesso modo di Giuseppe Capogrossi, che si è affermato non per le opere di carattere figurativo ma per l'invenzione del "pettinino" graziosamente ripetuto le mille volte con altrettante variazioni sul tema. Invece i pochi critici significativi del maestro veneto hanno insistito sul suo essere un grafico piuttosto che un pittore. Ciò che nell'attuale scala di valori significa esprimere un giudizio che sminuisce la sua figura, che è quella di un pittore di grande talento. Capogrossi, al contrario, ha sempre avuto miglior considerazione. Eppure l'artista romano ha impostato una carriera su un'invenzione ed ha espresso una motivazione circa i contenuti dei suoi quadri perfettamente analoga («La mia ambizione è di aiutare gli uomini a vedere quello che i loro occhi non percepiscono: la prospettiva dello spazio nel quale nascono le loro opinioni ed azioni») a quella firmata da Felpati: «Intendo offrire al lettore un´ipotesi interpretativa, che non si fermi alla superficialità estetica, ma che colga la visione intrinseca del messaggio visivo».
Come si spiega la differenza di destini? Capogrossi era nato a Roma da una famiglia di ascendenze nobiliari ed ha avuto il sostegno di critici e di Gallerie in grado di fare la fortuna di un artista. Felpati non ha goduto di nessuna di queste chances ed è, anzi, ancòra alla ricerca di un critico che sappia efficacemente interpretare a fondo ed illustrare efficacemente il suo lavoro.  

Il profilo di Aldo Maria Pero – www.artedelXXIsecolo.it – giugno 2014

 

Le opere di Armando Felpati, non essendo portatrici di figurazioni riscontrabili nella realtà quotidiana, sono soggette all’interpretazione personale del fruitore che è chiamato ad una interazione con l’autore: che si concretizza in un rapporto empatico tanto più profondo quanto maggiore è la sua sensibilità.
Non è quindi sufficiente capire quello che si vede nel quadro, ma bisogna riuscire a sentire il messaggio che esso trasmette. E questo sentire dipende dalla nostra capacità di lettura.
Da buon lettore, non da critico, trovo in Felpati un tentativo, una tensione verso una dimensione altra che va oltre le cose che conosciamo nella nostra vita quotidiana.
Questa dimensione è caratterizzata dall’assenza: della materia quale noi conosciamo; dell’uomo e delle sue manifestazioni; del rumore assordante che connota la nostra società.
Si tratta di un silenzio cosmico, un silenzio che invita alla meditazione come spinta alla contemplazione.
La dimensione esplorata da Felpati è carica di simboli che portano a sondare in profondità l’essenza dell’essere: citando Mancuso, siamo in un universo che è energia, un’energia in espansione, fonte di creazione continua e perenne: noi e la materia non ne siamo che il frutto e in essa prima o poi dobbiamo essere riassorbiti.
L’immersione nella dimensione energia/cosmo può essere letta come un tentativo di superare il malessere esistenziale derivante dalla realtà in cui siamo costretti a vivere: un mondo che ha smarrito ogni principio, che ha rinunciato a cercare il senso della vita, che ha perso la propria umanità. Un mondo che vive in superficie, che sembra essere privo di senso e di prospettive.
Proiettandoci nella dimensione energia/cosmo, Felpati ci ammonisce ricordandoci che in rapporto all’universo noi siamo niente, meno di un atomo.
Felpati trasmette questa sua visione dei grandi temi dell’esistenza tramite una pittura che potremmo definire di linguaggio espressivo/astratto, ma, a ben guardare, essa nasce dal segno e si completa con il colore, nobilitandosi, anzi, sublimandosi grazie alla luce.
Si tratta di una pittura gestuale, ma certamente non istintiva: il suo è un gesto ragionato, guidato da una mano sapiente, sorretto da un pensiero ben definito che ognuno di noi è invitato a decifrare e che ci aiuta a capire il mondo in cui viviamo.
Il segno ci ricorda la sua formazione di grafico e crea vortici continui, esplosioni, fughe: un segno che dà senso al movimento identificandolo con quell’energia primordiale da cui tutto procede: un moto perpetuo, immagine della creazione in fieri.
Il suo segno produce anche forme ellittiche o circolari che si perdono nell’infinito in una proiezione di spazi incommensurabili. Sono volute che fanno pensare alla perdita del centro di nietzscheiana memoria: portano infatti in sé un senso di disorientamento forse causato da quella mancanza di un punto o di un appiglio di riferimento che caratterizza la civiltà contemporanea.
Il colore acrilico, nella sua freddezza e soprattutto nella sua lucentezza fa pensare agli spazi siderali, sede di quell’energia che è ancora allo stato puro, generatrice continua, ancora priva delle contaminazioni che si sono prodotte quando è diventata materia. Le tonalità, spesso molto intense, che vanno dal rosso aggressivo, all’arancione, al rosa, possono essere lette come rappresentazioni del fuoco che di quell’energia primordiale generatrice è la massima espressione.
Infine, la luce gioca un ruolo fondamentale nelle opere di Felpati. Essa ha la capacità e, direi, la funzione di amalgamare in un unicum le figurazioni che l’artista propone conferendo all’opera un equilibrio compositivo straordinario che diventa un modo per dire che l’origine non è il caos, ma che esiste un ordine superiore da cui tutto discende ed in cui tutto, noi compresi, dovremo ritornare.
Da tutto questo si deduce che le opere di Felpati indagano il senso della vita, che non intendono rappresentare l’esistente, ma l’essere nella sua essenza.
Sono opere che ci prospettano dimensioni universali ed eterne nelle quali l’essere che è energia si identifica in un universo che non ha limiti di spazio e di tempo, che non è statico, ma in continua espansione che equivale a creazione perpetua di cui noi non siamo che un’infinitesima parte, sia pur pensante.
  Umberto Marinello
Dalla presentazione della mostra Linee cosmiche – cambiare tendenza presso la Biblioteca P.P.Pasolini di Cadoneghe (Pd) - 14 dicembre 2013

 

Ci sono tanti modi per manifestare il disagio di vivere in un mondo che sembra abbia perso ogni pudore, in mezzo a gente che si spende solo per il proprio tornaconto, avendo messo da parte ogni senso di umanità.
C'è chi urla, chi protesta, chi denuncia.
Ma c'è anche chi invece si   lascia trasportare dalla fantasia e propone in cambio un non-luogo dove potersi rifugiare e dove potersi immergere in un silenzio totale dove regna l'armonia.
Armando Felpati è uno di questi.
Egli è fondamentalmente un grafico passato alla pittura:   lo testimoniano la precisione del segno, una gestualità sicura guidata da una mano sapiente,   la puntualità degli intrecci e linee di fuga, le esplosioni   di   corpi immensi   che sembrano   ingovernabili,   volute   che   si   incrociano   creando l' impressione di un moto perpetuo che ti portano guardando tutto l' insieme,   a individuare   un equilibrio e un' armonia che non hanno niente da vedere o da spartire col nostro mondo.
Il colore acrilico, con la sua brillantezza, ma anche con la sua freddezza, trasporta chi guarda il quadro in un mondo siderale, dove tutto assume un valore diverso, dove lo spazio è senza limiti, dove regna incontrastata l'energia.
Ecco,   è proprio questo forse il senso più profondo delle opere di Felpati :   riscoprire da dove probabilmente veniamo,   prevedere dove andremo a finire,   ricordando che la nostra vera casa   è l'universo dove tutto comincia e finisce in energia pura, facendo intendere che la materia altro non è che una degradazione di quella energia.
E che l'energia non si manifesta solo nelle vie di fuga, nelle esplosioni, nel groviglio di volute: a dargli una connotazione di movimento che non ha limiti, di una forza ingovernabile, di uno spazio che supera tutte le nostre cognizioni, di una dimensione che va al di là delle nostre conoscenze, di un universo che è in continua espansione ci pensa la luce che, insieme al colore e al segno, è l'elemento fondamentale che permette al quadro di venirti incontro, quasi di aggredirti, facendoti capire quanto piccoli siamo noi e il nostro mondo.
Si, Felpati si sente proiettato verso orizzonti tanto vasti che finiscono per scombinare anche il nostro pensiero.

  Umberto Marinello - Un personaggio al mese da Quatro Ciàcoe - Giugno 2013